ASMA SOCIALE
Rubrica di Delfo Burroni
Versione interattiva https://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-dicembre-2024/
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Nel secondo articolo della rubrica mi pare saggio interfacciarmi con la rivista che mi ospita e i suoi principali temi che poi in fondo sono pure temi miei, il lavoro e la salute, e trarne spunto per presentarmi anche ideologica-mente. Cerco sempre di essere empatico, ricettivo e costruttivo anche quando la situazione è drastica. Cercherò di non smentirmi.
Lavoro e salute. Due argomenti interconnessi. Non so voi ma la mia salute è gravemente compromessa e mi scontro con un mondo del lavoro che non sente ragioni. Ti rimbalza da un lavoro sottopagato al’altro poi chiude i posti di lavoro e lascia tutti allo sbando. Nel frattempo la sanità comincia a privatizzarsi. Niente lavoro, quindi niente salute. Muori. Né piú né meno di un migrante in balia del mare. Spopolano le pubblicità che invitano a cercare lavoro all’estero, dove si perdono i riferimenti, i contatti, i diritti e le difese.
Si pone il problema dell’abitare, del diritto alla casa, come problema che subisce e al contempo condiziona la dicotomia tra lavoro e salute. Senza lavoro, ci si scorda la casa. Senza casa la salute se ne va. Senza salute il lavoro ci si scorda ancor di piú, e a cascata tutti i diritti civili importanti ma non certo primari per ordine strategico. Irrisolvibili altrimenti che affrontando il tema dell’indole stessa di uno stato.
Lo stato sociale. I suddetti problemi ricadono sotto l’unico concetto di stato sociale come soluzione piú diretta per garantire la sopravvivenza dei piú.
Ma lo stato sociale o c’è o non c’è. In un algoritmo basato sull’accumulo di danaro di pochi rispetto ai molti, lo stato non si occupa di ripartire case e posti di lavoro e nemmeno di tutelare la salute pubblica. Si limita a tutelare invece l’accumulo di capitale degli azionisti di Italia spa e di coloro che possiedono mille case ma le lasciano marcire deridendo chi resta in strada. Premia l’egoismo e punisce l’empatia della patria intesa nel senso gramsciano.
E questa è la prova piú lampante che lo stato capitalista non puó essere veramente democratico finché pone il danaro al di sopra dell’articolo 1 per eccellenza della concezione democratica: “spirito di fratellanza”.
Lascio ai più qualificati il tema immenso del genocidio di un popolo, mi soffermo su un esempio piú terra terra per la plebe: laddove un sistema tutela l’accumulo di capitale di chi ha quattro case e ne lascia marcire tre assieme a un intero pezzo del paese, e viceversa condanna chi cura gratis la società, chi occupa e ristruttura un posto abbandonato nel tentativo di renderlo abitabile, insomma per la colpa di aver infranto il mero senso della proprietà, l’articolo 1 del sistema democratico occidentale si dimostra calpestato dal sistema stesso che risulta di per sé illegale.
Questo difetto di algoritmo del funzionamento della società, difetto che prende il nome di capitalismo, viene de facto condannato ufficialmente assieme a Israele, dal tribunale penale internazionale, accusato di crimini contro l’umanità e si imbatte nel multipolarismo inteso non come attacco ai diritti civili e al sistema democratico che tanto non esiste da un pezzo se non di facciata, ma al contrario come democratizzazione del parlamento mondiale e come spinta della maggioranza delle nazioni unite verso un modo nuovo di governare il mondo e le società con una attenzione al diritto dei popoli sostanziale, di liberazione dalle guerre, di redistribuzione globale, un modo nuovo di rapportarsi, che sta già sostituendo i petrodollari con una crypto decentralizzata e open source ponendo cosí il denaro in secondo piano rispetto ai rapporti di civiltà e che quindi coinvolgerà anche i diritti civili.
Da qui lo scontro soggettivo non piú come reazione ma come partecipazione alla liberazione. Scontro sociale che si palesa nella guerra civile sommersa che unisce da anni i dissidenti di ogni tipo, dalla Palestina alle banlieue passando per Napoli e Milano. Unisce gli spazi sociali ai popoli del mondo a ritmo di rap ormai non piú nicchia giovanile ma antologia, e che striscia sotto al tappeto delle periferie che sfogano la propria rabbia nei modi piú vaghi ma sempre spinti dalle difficoltà materiali.
Chi puó cade col pensiero sulla necessità di incontro come sintonia e polarizzazione degli sforzi che ogni persona fa per sopravvivere, difendersi ma anche essere proattivi e spinti da una empatia verso il problema condiviso dalla maggioranza delle masse. In una parola partecipare.
Nonostante, i problemi, la fame nera, il tempone le distanze.
Non puó quindi che essere internet da parte mia, il terreno di scontro tra il progresso capitalista e il progresso proletario che invece non deve rinunciare a cavalcare ed impugnare gli strumenti della modernità ma viverli e occuparli come case e fabbriche. Usandoli non piú superficialmente quasi come un moderno luddismo, ma usandoli tutti fino in fondo.
Si dovrà concepire il distinguo tra codice proprietario e codice di pubblico dominio e tra diverse dicotomie nuove tanto complesse tecnicamente quanto chiare, al pari di avere presente la piramide concettuale del Diritto, dai diritti umani delle nazioni unite passando per l’articolo undici della costituzione fin giú ai decreti delegati e la proprietà intellettuale, giú e giú fino a toccare il profondo della nostra coscienza.
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