Debito pubblico: i conti truccati del governo Meloni
Un calo momentaneo mascherato da successo strutturale. È questa la chiave di lettura più onesta per interpretare i dati sul debito pubblico italiano pubblicati dalla Banca d’Italia e rilanciati da Fratelli d’Italia il 15 luglio, a difesa dell’operato del governo. Ma la realtà è ben più sfumata di quanto suggerisca la propaganda.
Dieci miliardi in meno: cosa significa davvero?
A maggio 2025 il debito pubblico è sceso di 10 miliardi, passando da 3.063,5 a 3.053,5 miliardi di euro. Un calo reale, confermato dai dati ufficiali della Banca d’Italia, ma legato quasi interamente alla riduzione delle disponibilità liquide del Tesoro (scese di 23,2 miliardi). Non è quindi frutto di una gestione virtuosa dei conti, ma di una variazione temporanea di cassa.
Nel frattempo, il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche è stato pari a 12,1 miliardi, e altri 1,2 miliardi sono stati erosi da operazioni di mercato (scarti e premi su titoli di Stato, rivalutazioni e variazioni valutarie). Nessun taglio alla spesa, nessun incremento strutturale di entrate: il debito è sceso solo perché lo Stato ha temporaneamente usato meno liquidità.
Il contesto reale: 129 miliardi in più in un anno
Se allarghiamo lo sguardo, il dato mensile diventa irrilevante: rispetto a maggio 2024, il debito pubblico italiano è aumentato di 129 miliardi, passando da 2.924,6 a 3.053,5 miliardi. Dall’inizio del governo Meloni l’incremento sfiora i 300 miliardi.
Un singolo mese di flessione, per quanto positivo, non inverte una tendenza strutturale all’aumento.
Numeri assoluti o dati reali? La manipolazione narrativa
Fratelli d’Italia ha diffuso una grafica in cui confronta due articoli: uno recente dell’ANSA che segnala il calo di maggio e uno del Fatto Quotidiano (ottobre 2024) che prefigurava un aumento record del debito. L’intento è chiaro: dimostrare che i “catastrofisti” si sbagliavano. Ma è una forzatura.

Il debito pubblico, infatti, va valutato in rapporto al PIL, non solo in valori assoluti. Solo così possiamo capire se un Paese è in grado di ripagare ciò che deve. Anche il governo Meloni, nel suo piano strutturale di bilancio pubblicato a settembre 2024, prevede un aumento del rapporto debito/PIL dal 135,8% al 137,7% tra il 2024 e il 2025. Altro che riduzione.
Chi detiene il debito? Più investitori esteri, meno Banca d’Italia
Un altro dato che merita attenzione riguarda la composizione del debito. A maggio, la quota in mano alla Banca d’Italia è scesa al 20%, mentre quella detenuta da soggetti non residenti è salita al 33%. Questi numeri mostrano un crescente peso degli investitori esteri sul nostro debito, rendendo l’Italia più esposta ai giudizi dei mercati e meno “protetta” da una gestione interna.
Le entrate tributarie crescono, ma non bastano
Le entrate tributarie sono aumentate dello 0,7% a maggio rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 43,6 miliardi. Nei primi cinque mesi del 2025, il gettito ha toccato quota 213,5 miliardi (+3,3% rispetto al 2024). Un segnale positivo, ma insufficiente a compensare l’aumento del debito o a cambiare la traiettoria generale dei conti pubblici.
il calo di maggio è reale, ma irrilevante
Il debito è davvero sceso di 10 miliardi a maggio, ma si tratta di una variazione congiunturale, non strutturale, legata alla cassa del Tesoro. Sul piano politico, il governo ha trasformato questo calo marginale in una narrazione trionfale, ignorando il contesto annuale e la tendenza a lungo termine.
Il confronto tra debito assoluto e debito/PIL è più di una sottigliezza tecnica: è il discrimine tra propaganda e serietà economica. E guardando ai numeri, non si può parlare di successo. Piuttosto, di una momentanea boccata d’ossigeno in una corsa ancora tutta in salita.

Paolo Laforgia
17/7/2025 https://diogenenotizie.com/










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