Dissociazione cognitiva da manomissione della realtà
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Il nostro impegno quarantennale di controinformazione sui temi della sanità e sulla sicurezza sul lavoro come boa intorno alla quale comunicare il sistema politico che impregna la nostra vita quotidiana sui luoghi di lavoro e nelle pieghe della vita sociale. Raccontiamo storie per immettere elementi di conoscenza riflessiva e contribuire a cambiare le coordinate di lettura della realtà in chi, quella parte di chi ci legge, non partecipa alla lotta politica ma sta a guardare con distaccato interesse.
Abbiamo il vizio di chiamare i fatti con il loro nome perchè, come affermò Rosa Luxemburg oltre un secolo fa, è impegno rivoluzionario anche oggi nel malcostume con il linguaggio uniforme. In merito:
“L’uniformità della lingua, lo spostamento di parole da un contesto all’altro e la loro continua ripetizione sono il segno di una malattia degenerativa della vita pubblica….” Gustavo Zagrebelscky
Una uniformità invasiva che tenta di permeare il nostro quotidiano con le potenti mistificazioni dei poteri economici, politici e comunicativi dei loro giornali e televisioni che scrivono e proiettano senza vergogna, ingiustizia, inciviltà e spudorata mancanza d’etica.
Per dimostrare che non siamo politicamente faziosi, diamo i numeri dell’ultimo Rapporto CENSIS del 6 dicembre 24 che fotografa l’Italia con un sondaggio su ciò che pensa la gente comune.
L’84,4% afferma che questa politica agisce soprattutto, e spesso solo, per se stessa; solo l’48,3% si reca al seggio per dare ad una esigua minoranza (a F.d.I. il 26% del 48%; ovvero il 12% degli aventi diritto al voto). Quindi parliamo di un’infima minoranza che pretende di decidere il destino di tutto il popolo. Qualcuno potrebbe anche obbiettare che chi non va a votare contribuisce volontariamente a questo stato di cose, dimenticando, volontariamente, che la partecipazione è inibita da Leggi elettorali pianificate con metodi di truffa e, comunque, la stessa voglia di partecipazione è impedita dall’immoralità di questa politica prodotta dai grossi Partiti.
Quindi l’astensionismo si attesta al 51,7%, livello mai raggiunto nella storia della Repubblica nata dalla Resistenza antifascista; l’84,4% dei cittadini ritiene che questa politica salvaguardi solo gli interessi dei grossi Partiti e spesso solo gli interessi personali dei loro politici e dei gruppi di potere che rappresentano; il 68,5% ritiene che il residuo delle democrazie liberali non funzionino più, anche se relativamente come è sempre stato, per salvaguardare gli interessi degli strati popolari e quindi non è più utile alla partecipazione; il 71,4% degli italiani pensa che l’Unione Europea sia un “guscio vuoto, inutile, dannoso e destinato a sfasciarsi definitivamente”.
Addirittura, il 70,8% della popolazione prova dei sentimenti antioccidentali e imputa le colpe dei mali del mondo agli Stati Uniti e ai governi europei. Ecco il risultato della criminalizzazione della cultura islamica assegnandola alle frange terroriste, con le quali l’occidente ha stretti rapporti quando ne ha bisogno per i propri scopi di guerra e dominio, vedi la Siria, l’ultimo caso in ordine di tempo. Per non citare la recente russofobia.
Mentre il 46% afferma che le guerre (quella NATO in Ucraina e in particolare quella in Medio Oriente con il sostegno politico e militare al genocidio di Israele contro il popolo palestinese, calpestando anche la memoria dell’olocausto contro gli ebrei) incideranno per decenni sulla condizione di vita dei popoli.
Qualcuno potrebbe dire che questa statistiche sono fatte su un campione eterogeno e quindi non solo tra l’84,4% dell’astensione, ma inconsapevolmente metterebbe il dito mettendo il dito nella piaga della consapevolezza con la quale pezzi di strati popolari e di ceto medio, sempre più vicini alla povertà relativa, vanno a votare i loro aguzzini. Sindrome di Stoccolma, diagnosticherebbe una seduta di psiconalisi. O semplicemente dissociazione cognitiva dalle condizioni di vita?
Potremmo anche parlare di mancanza di flessibilità del pensiero dopo decenni di alimentazione forzata con il “pensiero unico”, cioè del dominio mercantile nella società che ha destrutturato le certezze del vivere con diritti sociali ben definiti, certamente lottando per mantenerli usufruibili ma oggi la flessibilità – spacciata per libertà – nel pensare della collettività è stata sostituita dalla slitudine dell’individualismo nele relazioni sociali come nel lavoro, creando precarietà e incertezza quotidiana sulla propria salute (vedi il programmato disastro della sanità pubblica) e sul lavoro (vedi le migliaia di infortuni, morti e malattie professionali sul lavoro).
Una domanda agli strati popolari che votano i grossi Partiti simili: vi siete arresi al giunco del “pensiero unico” che vi rende flessibili ai suoi interessi?
Una domanda al popolo 51,7% che si astiene: vi serve isolarvi invece di sostenere i comunisti?
Franco Cilenti
Editoriale del numero 1 gennaio 2025
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