Disuguaglianze per le studentesse e studenti con disabilità 

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Ho pensato e ripensato a come introdurre questo nuovo articolo sulle alunne e alunni con disabilità ma l’unica cosa che riesco a pensare è che loro come tutte le altre giovani vite sono il nostro futuro e quello che potranno fare e realizzare dipende da quello che viene messo in campo oggi. Inizio con il darvi alcuni dati (quelli essenziali) che mi hanno fatto riflettere molto e mi hanno portato a pensieri che vorrei condividere con tutte e tutti voi.

Nell’anno scolastico 2022/2023 sono quasi 338 mila le alunne e gli alunni con disabilità che frequentano le scuole italiane (pari al 4,1% degli iscritti, fonte MIUR), quasi 21mila in più rispetto all’anno precedente (+7%). Nel Mezzogiorno una scuola su tre non dispone di un numero sufficiente di postazioni informatiche adattate per gli alunni con disabilità con una media totale del 27% in Italia.

La quota di alunni con disabilità che non partecipano alle gite con pernottamento è del 62% (72% nel Mezzogiorno), e le scuole accessibili sono il 40% per le alunne e alunni con disabilità motoria. Le quote sono il 17% per gli alunni con sordità o ipoacusia, l’1,2% quelle per gli alunni con cecità o ipovisione (Fonte: report Istat del 3 febbraio 2024).

Vi ho inserito alcuni di questi dati (ed altri li inserirò dopo) per introdurvi al mondo dei più giovani e loro famiglie che si ritrovano a dover affrontare carenze strutturali e di organizzazione che però provengono sempre dal passato, dove le e gli alunne/i con disabilità venivano percepiti come presenze da accudire e non formare.

Gli insegnanti per il sostegno impiegati nelle scuole italiane sono circa 228mila, quasi 218mila nella scuola statale (fonte MIUR) e circa 10mila nella scuola non statale (fonte Istat), con un incremento complessivo rispetto all’anno precedente del 10%.

A livello nazionale, il rapporto alunno-insegnante, è migliore di quello previsto dalla Legge 244/2007 però più di 67mila insegnanti per il sostegno (il 30%) sono stati selezionati dalle liste curricolari. Si tratta di docenti che non hanno una formazione specifica per il sostegno ma che vengono utilizzati per far fronte alla carenza di figure specializzate e a questa carenza si affianca spesso un ritardo nell’assegnazione, ma una cosa positiva è che negli ultimi quattro anni la quota di insegnanti selezionati dalle liste curricolari è diminuita, passando dal 37% al 30%.

Aggiungo che purtroppo le e gli alunne/i con disabilità che hanno cambiato insegnante per il sostegno rispetto all’anno precedente è pari al 59,6%, sale al 62,1% nelle secondarie di primo grado e raggiunge il 75% nelle scuole dell’infanzia. Il fenomeno è piuttosto stabile su tutto il territorio nazionale. Poi c’è la figura dell’assistente alla comunicazione che sono operatori specializzati, finanziati dagli enti locali, la cui presenza è finalizzata a migliorare la qualità dell’azione formativa, facilitando la comunicazione e l’interazione dello studente con disabilità e stimolando lo sviluppo delle sue abilità nelle diverse dimensioni dell’autonomia ma il divario tra nord e sud è abbastanza significativo.

Ora la mia riflessione è questa: una/o studentessa/studente con disabilità con postazioni informatiche carenti, strutture scolastiche accessibili per meno della metà, insegnanti di sostegno specializzate ancora troppo poche e nominate in ritardo e magari che cambiano di anno in anno (l’alunna/o come l’insegnate deve ricominciare a costruire un rapporto di conoscenza e fiducia) e assistenti alla comunicazione pagati da enti locali che non vengono sempre nominate e assegnate, come si può pensare di poter dare una formazione decente a queste ragazze/i?

La buona volontà e battaglie degli insegnanti, dirigenti, sindacati e famiglie purtroppo non basta (si c’è il PNNR ma non è dedicato alla disabilità ma a tante altre necessità) ed è lo Stato che deve eliminare le forti disuguaglianze e garantire attraverso una diversa tempistica delle nomine e la garanzia della continuità formativa una stabilità senza attese e turn over di insegnanti e assistenti alla comunicazione. In tutto questo però ora arriva il decreto dell’autonomia differenziata che porterà differenze enormi tra nord e sud per quanto riguarda la scuola e la sanità…vi state chiedendo perché parlo anche di sanità?

Dimentichiamo che magari a scuola potrebbe essere necessario una/un OSS o un’infermiera o infermiere e il tutto affidato alle regioni…voi pensate che una studentessa o uno studente avranno gli stessi servizi a Bologna e a Catanzaro? C’è un report dello Svimez e Save the Children “Un Paese due cure” dove si vede chiaramente un divario enorme tra il nord e sud del nostro Paese (hanno seguito due donne con una malattia oncologica che vivono una in una città del nord e una al sud) e questo si amplierà e si estenderà anche ad altri ambiti essenziali come la scuola.

Ho forse scritto in maniera troppo tecnica e con tanti dati e io invece cerco sempre un contatto con chi mi
legge e ora condivido i miei pensieri, quelli che mentre sto scrivendo mi prendono lo stomaco e il cuore (non sono mai sdolcinata ma il cuore quando si parla di diritti è necessario). La mia disabilità è arrivata in età adulta ma conosco direttamente chi invece c’è nato e ha avuto la forza e la volontà di andare avanti arrivando ad insegnare o a ricoprire ruoli importanti (non posso fare nomi ma esistono vi assicuro).

La Conoscenza (scritto in maiuscolo) è la ricchezza che noi possiamo trasmettere alle nuove generazioni non solo in termini di “saper fare” ma di “saper pensare” perché le e gli studenti con disabilità non devono soltanto imparare un mestiere ma avere una formazione culturale come tutte/i le/gli altre/i. Poi c’è un controsenso in tutto questo: si cerca di far imparare un mestiere alle persone con disabilità ma alla fine, dopo la scuola dell’obbligo, questo lavoro non c’è perché ci sono resistenze da parte delle aziende (ho già scritto che la legge n. 68/99 viene spesso evasa nell’articolo di gennaio).

Abbiamo una società iperproduttiva e se non sei in linea con i ritmi sei fuori. Ma la verità è che abbiamo costruito un contesto produttivo che non rispetta più il ritmo dell’umano e la disabilità o meglio, le persone con disabilità a cui la società spesso non vuole guardare ci fanno vedere non la fragilità ma i ritmi e tempi dell’umano che noi tutti cerchiamo di superare. Superarci, per me, non significa andare più veloce ma migliorarci superando gli ostacoli (interni ed esterni) fino ad arrivare ai nostri obbiettivi. Io, per esempio, mi sono superata scrivendo articoli non pensando di essere in grado di farlo…magari non lo sono, ma voglio andare avanti con tutte le mie forze parlando di quello che mi accompagna e che mi ha cambiato la vita e non sempre in negativo.

Ivana Palieri
Associazione PugliAccessibile

Sportello FLC/Cgil lavoratori disabili

Attivista LGBTQIA+

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