Nostra-Signora dell’Identità: cattedrali, incendi e simbolismi a vanvera

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Tardo pomeriggio del 15 aprile 2019. Scoppia un incendio sul tetto della celebre cattedrale parigina di Notre-Dame. I danni, si scoprirà poi, sono meno gravi di quanto immaginato all’inizio, anche perché circoscritti con efficienza dai vigili del fuoco: in ogni caso, si riuscirà rapidamente a mettere in sicurezza la struttura portante dell’edificio. Particolare non secondario – ma messo in secondo piano dai media: i presunti “simboli”, vedremo, contano più delle persone in pericolo – l’incendio non provoca vittime: ci sarà però un pompiere ferito gravemente.

Nel giro di minuti, la Rete è invasa da messaggi e riflessioni di orrore, raccapriccio, sofferenza, financo disperazione. C’è chi posta pensieri grondanti dolore (letteralmente). C’è chi piange, “social-mente” parlando. C’è chi subodora terrorismi di stampo religioso, segnalati immantinente da qualche epifania variata di un crociato «A furore Islamicorum libera nos, Domine». C’è chi resta nella medesima sfera semantica, alludendo più o meno vagamente a: «ricchi satanisti», «ricchi massoni», «ricchi atei». Nessuno di questi abili 007, segugi a caccia di un presunto complotto anti-cristiano, si ferma di fronte all’invito istituzionale (francese) a calma e prudenza. Invito che, con il passare delle ore, si concretizza in una semplice ma per alcuni deludente verità: si è trattato di un incidente, forse una disattenzione, forse un guasto, nel cantiere dedicato al riluttante restauro di una cattedrale forse poi non troppo emblematica.

Intendiamoci: non sarebbe possibile negare la tragedia storico-artistica legata al danneggiamento di un simile monumento, tutt’altro. Colpisce semmai la portata emotiva del cordoglio. Un cordoglio, ci spiegano con calma storici dell’arte ed esperti, forse un tantino esagerato: la cattedrale è in piedi, a essere danneggiate sono parti già restaurate, non sarà un problema eccessivo rimetterla in sesto. Anche perché fior fior di miliardari fanno a gara per offrire centinaia di milioni di euro per finanziare la ricostruzione. Infine, le opere d’arte ivi contenute sono in gran parte intatte.

Un’improvvisa vampata social di interesse culturale, dunque, che fa fine e non impegna? Simili fenomeni psico-collettivi, in effetti, sono noti: li vediamo, che so, a fronte delle distruzioni vicino-orientali di Daesh, o in occasione del periodico «turista britannico/tedesco/americano si porta via un pezzetto del mosaico/muro/reperto generico» (quest’ultimo seguito dal topos «questi stranieri che si comportano da vandali solo quando sono qui in Italia»).

No, almeno secondo gli editorialisti acchiappa-like e sensazionalisti delle testate online, gravati dal peso di dover produrre ogni mattina poesiole evocative che possano essere condivise e agitate come bandiere da intellettuale impegnato e consapevole. Secondo loro abbiamo a che fare, nientemeno, con il crollo di idee e identità, da quella nazionale francese, a quella “internazionale” lato sensu, a quella europea… Parbleu! Per Toutatis! Oh la la!

“La Repubblica”, “La Stampa”, “Il Sole 24 Ore”, e così la gran parte dei quotidiani di impronta liberale, moderna, “europea”: su quelle pagine Notre-Dame diventa in poche ore “il simbolo di Parigi”, “il simbolo della Francia”, “il simbolo dell’Idea di Nazione”. In un breve articolo della mattina del 16 aprile, l’epico Francesco Merlo ci parla di una Notre-Dame che «è la Francia grande e compatta, che accoglie e al tempo stesso mette soggezione, più identitaria della spiritosa Tour Eiffel e del Museo del Louvre», «monumento, santuario, matrice della civiltà europea, Chiesa dei re cattolici che unificarono la terra dei Franchi e fondarono appunto la prima nazione… più forte della Marsigliese perché è sopravvissuta alle ingiurie della Rivoluzione che furono meno devastanti del fuoco di oggi». Sul “Sole”, Alberto Magnani insiste sulla significatività della cattedrale come centro della cristianità cattolica francese, sede del Primate di Francia. Similmente “Il Messaggero”, che se non altro prova a limitarsi alla stesura di una rapida wiki-pagina su corsi e trascorsi storici dell’edificio. Beh, nulla da invidiare a qualche poderosa monografia di storia politica francese del XIX secolo, imbevuta di nazionalismo, conservatorismo anti-rivoluzionario e magari anti-communard. Ma i virtuosi della penna, dopotutto, non fanno che riecheggiare il liberalissimo e oligarchico presidente Macron, che in preda a un anelito spiritualista scrive di «Notre-Dame di Parigi in preda alle fiamme. Emozione di tutta una nazione. Pensiero per tutti i cattolici e per tutti i francesi. Come tutti i nostri compatrioti, stasera sono triste di veder bruciare questa parte di noi». Ma andiamo… È davvero questo lo Spirito di Parigi e della Francia? Uno spirito vandeano, pronto a flagellarsi di fronte ai graffi inferti a un emblema che in pochi ritenevano tale fino al giorno prima? Onestamente, chi avrebbe pensato a Notre-Dame come al “Simbolo della Francia” prima dell’incendio?

È quindi l’idea di Nazione a bruciare? O è l’ansia del presunto anti-sovranismo liberale che avvampa di paura, pronto a ricadere nei nazionalismi in cui ha continuato a navigare da decenni, parlando di internazionalismo e fratellanza mentre continuava a proteggere gli interessi di élites interne ed esterne? Tutto questo, in ultima analisi, nel goffo tentativo di sussurrare alla pancia forcaiola e impaurita di strati subalterni aizzati all’odio… Libera circolazione, assenza di frontiere? Sì, se dei capitali: e della gente con i capitali, così come dei poveracci, ma solo a patto che servano ai capitali. Gli altri no, ci fanno schifo, ci fanno paura e soprattutto non ci servono. Nell’ansia di proteggere le frontiere di giovani nazioni che hanno già fatto abbastanza danni, sovranismi e finti anti-sovranismi sono pienamente concordi, e si ritrovano nel glorificare Nostra-Signora dell’Identità.

Giuseppe Cilenti

Storico

26/4/2019

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