Voto in Spagna. In bilico tra progreso y regresión

Le elezioni del 23 luglio, volute da Sánchez per arginare l’ascesa delle destre, non hanno un esito scontato. PP e Vox propongono una ritirata sui diritti sociali e civili, PSOE e Sumar insistono sul miglioramento delle condizioni di vita, in continuità con l’azione del presente Governo

Le prossime elezioni generali in Spagna, fissate il 23 luglio, sono una gara tra blocchi contrapposti, tra partiti di destra e di sinistra, come se il paese fosse ripiombato in quel bipartitismo che sembrava superato.

Già dall’inizio della campagna elettorale è stato chiaro che sarà difficile per un singolo partito ottenere il risultato per governare in minoranza.

Manca poco al voto e i sondaggi incalzano, i partiti e la cittadinanza li seguono per scoprire quali forze hanno le migliori possibilità di unirsi per formare un Governo. Risuona come un ritornello il fenomeno del “voto utile” o “voto strategico”. Decidere come votare in funzione dell’esito finale delle elezioni, un vecchio dibattito, ma particolarmente rilevante in queste elezioni d’estate.

Nel tracking giornaliero dell’Istituto 40dB per “El País” si legge che il Partido Popular di centro-destra, seguendo la tendenza conservatrice e reazionaria che prevale in Europa, vincerebbe le elezioni generali, ma con un margine molto ridotto, con il 31,2% dell’elettorato intenzionato a votare. Una percentuale che non permetterebbe al partito guidato da Alberto Feijóo di “spodestare Sánchez”, neanche se si alleasse, come vorrebbe, con l’estrema destra di Vox riuscirebbe a raggiungere i 176 seggi della maggioranza assoluta.

L’ipotesi di questa alleanza preoccupa la sinistra, ma anche alcuni leader conservatori storcono il naso di fronte agli accordi turbolenti stretti dal PP con Vox nei comuni e nelle regioni autonome, dopo la vittoria alle elezioni amministrative del maggio scorso.

Inoltre Vox sembra determinato a peggiorare le cose, puntando sulla radicalizzazione, blaterando di abrogazione della legge sull’aborto, sbandierando il suo accanimento contro la comunità LGBTQI+ e contro le culture e le questioni legate alle libertà sessuali e a temi sensibili come il femminismo e la crisi climatica.

Santiago Abascal, leader di Vox, vuole l’abolizione delle leggi contro il cambiamento climatico e reclama il blocco navale, in sintonia con Giorgia Meloni, per fermare lo sbarco di migranti. Promette di derogare la legge sul lavoro e quella della memoria democratica che tutela le vittime della dittatura franchista. Vox dà voce a sessismo e razzismo, a quella società spagnola bigotta e reazionaria da sempre legata all’ideologia e alla politica del franchismo. Subito dopo la formazione del Governo di coalizione, il Partito Popolare si era appiattito su questo risveglio neofascista, pur di riconquistare la direzione del paese.

Sempre secondo i sondaggi il Partito Socialista, il PSOE, risulta la seconda forza più votata, con il 29,7% del voto diretto, equivalente a una forbice tra 107 e 121 seggi. Il PSOE, o meglio Pedro Sánchez, intasca i risultati del Governo di coalizione progressista: la tenuta economica con la riforma del lavoro che ha colpito la precarietà, la difesa di sanità e scuola pubblica, una diffusa crescita delle installazioni di fonti energetiche rinnovabili, che ha fatto della Spagna un punto di riferimento europeo della transizione ecologica. Tutto questo non basta.

Intanto Sumar, la piattaforma di sinistra guidata dall’attuale seconda vicepresidente del Governo e ministra del Lavoro e dell’Economia sociale, l’avvocata galiziana comunista Yolanda Díaz, in molti sondaggi raggiunge il 13,3%, deve strappare qualche seggio al PP e a Vox per garantire il numero di seggi necessari a riconvalidare il Governo progressista.

La cittadinanza spagnola che ha intenzione di recarsi alle urne, si trova di fronte alla scelta tra la coalizione di sinistra attualmente al Governo e un possibile esecutivo conservatore formato dal Partito Popolare e dalla destra estrema di Vox. Scenario aperto e polarizzazione in corso.

Le dimissioni di Sánchez dopo la disfatta del PSOE e di Unidas Podemos alle elezioni amministrative di maggio, sono state una mossa azzardata per evitare il logoramento del Governo nei prossimi mesi e per sollecitare la sinistra spagnola a una grande mobilitazione per bloccare la tendenza conservatrice già vista in tutta Europa. Yolanda Díaz ha raccolto la sfida con la piattaforma Sumar: un “partito strumentale”, che da un anno vanta un programma con al centro il femminismo, il mondo del lavoro e la giustizia sociale e climatica. In oltre 40 anni di democrazia, è la prima volta che in Spagna le tante sinistre territoriali, alternative e ecologiste, sembrano trovare equilibrio e motivazione politica per correre insieme nello stesso cartello elettorale, per cercare di convincere gran parte degli indecisi.

Se la sinistra si mobilita e vota per Sumar, può portare il partito al terzo posto, dopo PP e PSOE, superando Vox. Soprattutto nelle province dell’altopiano castigliano e in Andalusia. Nei Paesi Baschi, in Catalogna, in Galizia e nelle Isole Canarie, Vox praticamente non esiste. Un numero significativo di seggi andrebbe al blocco di sinistra, assicurando che la somma del PP e di Vox non raggiunga la maggioranza assoluta.

La coalizione guidata da Yolanda Díaz ha scelto come slogan per la campagna elettorale “È per te”, rappresenta ciò che la piattaforma sostiene fin dalla sua fondazione: la volontà di evitare lo scontro e di concentrare il dibattito sui problemi quotidiani dei cittadini. “Non vogliamo condurre una campagna che sia un plebiscito su un politico, ma interrogare gli elettori sui loro problemi”.

Mancano pochi giorni e Sánchez chiede il sostegno di “coloro che non hanno mai votato per il PSOE, ma non amano il film oscuro di Feijóo (PP) e Abascal (Vox)”.

Restano le beghe interne al PSOE che riguardano la sopravvivenza della leadership di Sánchez: con una vittoria delle destre potrebbe essere messa in discussione. Dopo una sconfitta potrebbero rifarsi vivi i cosiddetti baroni socialisti, la destra del partito, desiderosi di riaprire il capitolo delle alleanze necessarie per governare.

“Alle urne cittadine e cittadini!”. Si uniscono le personalità della cultura per chiedere un voto progressista. “Questo 23 giugno è un giorno particolarmente decisivo, perché sono in gioco progressi sociali e culturali e diritti che fino a pochi mesi fa era difficile immaginare fossero messi in discussione”. Un manifesto firmato da oltre 300 personalità del mondo della cultura e dei principali sindacati. È un invito a recarsi alle urne “con la ferma convinzione che non è il momento di regredire”, ma piuttosto di “avanzare verso maggiori livelli di benessere, libertà, uguaglianza, fraternità e solidarietà”.

Ormai mancano una manciata di giorni per vedere se hanno ragione.

Marina Turi

1877/2023 https://www.dinamopress.it

Articolo pubblicato originariamente da Centro per la Rifroma dello Stato

Immagine di copertina di Ministry of the Presidency. Government of Spain; foto di Fernando Calvo Rollán tratta da wikimedia commons

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