Al clima non servono grandi ma buone opere.

23m
Antonio Cederna raccontava come questo nostro Paese fosse stato devastato da un modello di sviluppo fondato sul cemento. A tanti anni di distanza purtroppo è ancora il cemento a fare da collante al partito unico e trasversale delle grandi opere. In una Italia, dove la antica rendita fondiaria si è mantenuta a galla reinventandosi negli intrecci con la rendita finanziaria, ben venga una grande manifestazione nazionale come quella che il 23 marzo porta in piazza, per il clima e contro le grandi opere, quelle tantissime esperienze che resistono e combattono contro questo intreccio perverso. Una occasione di verifica immediata dopo il grande venerdì degli studenti accorsi al richiamo di Greta.
Sfileranno i popoli no tav, no tap, no trivelle, no inceneritori, no autostrade. Ogni No è in realtà un Sì ad una idea diversa e alternativa di società. Sono in realtà la mappa  dell’Italia ferita nella sua ricchezza più grande quella di una natura cui seppe intrecciarsi la cultura e che invece da troppo tempo soffre per la speculazione che la devasta.
Questa Italia è il Paese con il record nel consumo di cemento e di suolo; di autostrade e porti turistici; di capannoni e ipermercati. È il  Paese dove si è speso per l’alta velocità 5/6 volte in più rispetto alle medie mondiali senza spostare un passeggero o una merce in più. Dove si sono dati incentivi per miliardi di euro a energie “assimilate” alle rinnovabili e in realtà fatte di scarti industriali o inceneritori, installando una quantità enorme di centrali. Dove tutto questo si è fatto con processi deliberativi in cui si sono mischiati ruoli di committente, appaltatore, realizzatore in avventurosi sistemi di project financing, spesso ignorando procedure di valutazione ambientale ed arrivando a militarizzare i territori. Non a caso tutto ciò ha portato il Paese ad avere più infrazioni europee sull’ambiente e sugli appalti.
Non c’è governo in questo Paese che non abbia il suo sblocca cantieri o salva Italia. E non fa eccezione il governo “del cambiamento” giallo verde. Giusto dunque tornare in piazza in nome delle tante lotte di liberazione dei territori.
Redazione Transform! Italia
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