I cambiamenti climatici e l’impatto sulla salute

Lo scorso dicembre The Lancet ha pubblicato un corposo rapporto, “The Lancet Countdown”[1] dedicato ai cambiamenti climatici e salute. Il rapporto è il frutto della collaborazione di 27 istituzioni accademiche, delle Nazioni Unite e di molteplici agenzie intergovernative di cinque continenti. Hanno preso parte al lavoro i massimi esperti nel campo della scienza del clima, dell’ecologia, della geografia, dell’economia, dell’energia, dell’alimentazione, delle scienze politiche e sociali e della sanità. Sono stati prodotti 41 indicatori nei seguenti campi, da cui derivano i differenti capitoli del rapporto: 1) l’impatto dei cambiamenti climatici sulla salute; 2) le misure di adattamento, pianificazione e resilienza in campo sanitario; 3) le misure di prevenzione e di contrasto; 4) gli aspetti finanziari e economici.  Saluteinternazionale dedicherà un post ad ognuno di questi capitoli, con una cadenza mensile; a cura degli Specializzandi in Igiene e Medicina preventiva dell’Università di Firenze. Quello che segue è il primo.

Il primo argomento analizzato dal report 2018 del Lancet Countdown riguarda un tema estremamente attuale: l’impatto dei cambiamenti climatici sulla salute a livello globale. Lo scopo è, infatti, quello di acquisire una maggiore consapevolezza sul perché il cambiamento climatico rappresenti uno dei principali nemici per la salute individuale e per la salute pubblica.

Gli effetti diretti dell’aumento medio della temperatura sulla salute delle persone

A causa del cambiamento climatico, i sottogruppi più vulnerabili delle popolazioni (anziani, soggetti con malattie cardiovascolari, diabete, malattie respiratorie croniche e coloro che vivono nelle aree urbane) sono esposti a rischi più elevati in tutte le regioni del mondo. In particolare, l’Europa ed il Mediterraneo orientale sono le regioni che mostrano una vulnerabilità marcatamente più alta rispetto all’Africa ed al sud-est asiatico, ciò si deve probabilmente alla popolazione più anziana che vive nelle aree urbane in queste regioni. Con il progressivo innalzamento delle temperature, questi stessi soggetti continueranno ad essere esposti ad ulteriori morbilità e mortalità legate al calore, come lo stress termico, le malattie cardiovascolari e le malattie renali. Inoltre, le transizioni demografiche nei paesi a reddito medio-basso mostrano come la prevalenza delle malattie non-comunicabili tenda ad aumentare velocemente, in particolare nel sud-est asiatico, dove la vulnerabilità della popolazione è aumentata del 3,5% dal 1990. Quest’indice di vulnerabilità al calore è stato compilato utilizzando i dati del Global Burden of Disease, istituto dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) che ogni anno valuta l’impatto delle patologie, degli infortuni e dei fattori di rischio sulla popolazione mondiale. Non è da trascurare, inoltre, il fatto che l’aumento della temperatura media a cui la popolazione è esposta (0,8°C negli ultimi 20 anni) sia ben superiore all’aumento medio di quella globale (0,3°C), e ciò è dovuto al fatto che il termometro sale di più nelle aree popolate, con grande impatto sulla salute delle persone (Figura 1).

Figura 1. Trend dell’innalzamento estivo della temperatura nel periodo 2000-2016

Gli eventi di esposizione alle ondate di calore che si sono verificati nel 2017 sono stati globalmente 157 milioni, 18 milioni in più rispetto al precedente anno (ogni evento corrisponde ad un’ondata di calore vissuta da una persona) (Figura 2). Ogni abitante della Terra ha subito 1,4 giorni in più di ondate di calore nel 2017 rispetto a quanto successo mediamente nel periodo 1986-2005. Se risulta facile pensare alle dirette conseguenze che questo fenomeno può avere sullo stato di salute delle persone, meno scontato è associarlo ad i rischi indiretti, ma altrettanto importanti, che possono colpire l’uomo (ad esempio le conseguenze alimentari dovute alle ondate di calore subite dal bestiame o dalle coltivazioni).

Figura 2. Cambiamenti nel numero di eventi espositivi di ondate di calore (ogni evento di esposizione corrisponde ad un’ondata di calore vissuta da una persona, linea blu) comparato con il numero di eventi storico (baseline 1986-2005, linea rossa).

Gli effetti del calore sul lavoro

Un’altra tendenza in deciso aumento negli ultimi anni è la quantità di lavoro che viene persa per colpa dell’aumento del caldo, che può superare i limiti fisiologici di sopportazione umana, compromettendo la resa dei lavoratori. Si stima che le ore di lavoro perse nel 2017 a causa dell’innalzamento delle temperature siano state 153 miliardi, 62 miliardi in più rispetto all’anno 2000 (Figura 3). Sono numeri impressionanti che ben rappresentano la “malattia climatica” che colpisce il mondo intero.

Figura 3. Cambiamento medio delle ore totali di lavoro perse nel 2000-2017 in relazione al periodo 1986-2005

Gli effetti delle calamità naturali legate al clima

Nonostante la siccità prolungata rimanga uno dei determinanti più importanti per malnutrizione e mortalità precoce in certe aree geografiche quali Sud America e Africa, le catastrofi naturali come le alluvioni stanno acquisendo sempre maggiore importanza. Nello specifico, secondo Lancet il 15% delle morti legate a disastri naturali è causato direttamente dalle eccessive piogge, a questo vanno aggiunte le gravi conseguenze che si presentano nel lungo termine, come aumentata frequenza di depressione, malattie mentali e malattie infettive. Gli studi sui cambiamenti climatici effettuati negli ultimi 25 anni hanno dimostrato un netto incremento della frequenza di inondazioni e dei rilevamenti di temperature estreme; si prevede che entro la fine del secolo i cambiamenti climatici determineranno un aumento annuo di 1,4 miliardi di casi di siccità e di 2 miliardi di casi di inondazione. Ciononostante, grazie ad una crescente sensibilità da parte dei governi e dei sistemi sanitari nazionali rispetto a questi temi, non si è osservato a livello mondiale incremento della mortalità per queste cause, ma anzi una lieve riduzione del numero assoluto di persone colpite da inondazioni.

L’impatto del riscaldamento globale sulle patologie

I cambiamenti climatici interferiscono direttamente ed indirettamente con un’ampia varietà di malattie agendo come una forza moltiplicatrice per molte delle problematiche già esistenti: ad esempio, sono un fattore determinante per la diffusione di malattie infettive, poiché alterano le condizioni ambientali favorendo la replicazione dei vettori che trasmettono il patogeno.

Rispetto agli anni ’50, nell’ultimo decennio si è registrato un forte incremento globale nella capacità delle zanzare A.Aegypti e A.Albopictus di trasmettere il virus Dengue (Figura 4): le proiezioni, basate sui dati a disposizione, permettono di supporre che questo trend sia in costante aumento, di pari passo con l’aumento delle emissioni di gas serra.

Figura 4. Cambiamenti della capacità di trasmissione del virus Dengue da parte delle zanzare A.Aegypti e A.Albopictus

Allo stesso modo, principalmente a causa dell’aumento delle temperature e del grado di salinità delle acque marine, anche il rischio di trasmissione del Vibrione del Colera è aumentato negli ultimi 30 anni. Lo stesso può dirsi della malaria, la cui trasmissione è incrementata circa del 20% negli ultimi 60 anni.  Le stime di mortalità per malattie clima-correlate, calcolate dal Global Burden of Disease Study (2015), dimostrano come i cambiamenti climatici non incidano solo sulla trasmissione delle malattie infettive, ma anche su altre patologie, in relazione alle aree geografiche ed ai profili demografici.  Ad esempio, la mortalità per Melanoma, patogeneticamente associata all’esposizione ai raggi ultravioletti, è fortemente aumentata in Europa, America e nei paesi del Pacifico Occidentale.

Sicurezza alimentare e malnutrizione

I cambiamenti del clima si associano infine ad una forte diminuzione della food safety (intesa come “qualità” del cibo a disposizione”) e della food security (“quantità di cibo a disposizione” o “facilità di accesso al cibo”) e quindi a malnutrizione, visto che la produzione alimentare risulta minacciata da intemperie che, si prevede, possano diventare sempre più frequenti e devastanti. Il Lancet Report rende evidente come i rischi legati al clima siano così forti da poter superare i benefici alimentari dovuti alle nuove tecnologie produttive agricole ed alla riduzione della povertà.

Utilizzando come indicatore la crescita dei raccolti di mais, sia nella situazione attuale che nelle previsioni future nei vari paesi, si evidenzia una riduzione che suggerisce un calo delle scorte globali (le rese del raccolto sono diminuite dal 56 al 32 tra il 2000 e il 2010 raggiungendo il 30 nel 2016). Sebbene la prevalenza ed i valori assoluti di malnutrizione siano diminuiti rispetto ai decenni trascorsi, negli ultimi anni si è registrata un’inversione di questa tendenza.

Non solo l’agricoltura, ma anche la pesca e l’allevamento marino sono minacciati: tra il 2003 ed il 2015 si è registrato un aumento della temperatura media (il dato globale è di di 1,59°C in più rispetto al 1950) delle acque marine in 16 dei 21 bacini analizzati, con conseguente sbiancamento dei coralli per stress termico e riduzione annua della quantità di pescato (Figura 5).

Figura 5: Cambiamenti nella temperatura della superficie marina (°C) nei principali paesi costieri fortemente coinvolti nella pesca nel periodo 2003-2015

Migrazioni delle popolazioni

Misurare l’impatto del riscaldamento globale sulle decisioni delle popolazioni di migrare verso altre zone del mondo è altamente complesso, vista l’importanza rivestita dal contesto culturale e dal vissuto personale di chi si trova a dover fare questa scelta.  Ciononostante, sono sempre di più, secondo il Lancet Report, gli indicatori che ci permettono di affermare che gli effetti diretti ed indiretti del cambiamento climatico siano sempre più decisivi (in alcuni casi i principali) nell’influenzare le persone verso questa decisione.

Conclusioni

L’approfondita indagine del Report 2018 del Lancet Countdown, corredata da analisi quantitative, grafici e dati reali raccolti sul campo, ci fornisce delle evidenze chiare su come il riscaldamento globale stia già avendo effetti devastanti sulla salute. In particolare, l’esposizione e la suscettibilità delle popolazioni al calore è aumentata in tutte le regioni del mondo, la capacità di trasmissione di molte malattie infettive è incrementata a causa della maggior diffusione dei vettori animali (vari tipi di zanzare), e dilagano sempre di più le minacce verso agricoltura, allevamento e pesca.  Inoltre, crescono gli effetti del clima sulla salute mentale delle persone, rivelando un aumento di problemi psicologici e psichiatrici e di tentati suicidi associati ad una crescente esposizione a climi estremi. In questo senso, risulterà fondamentale che governi, cittadini e sistemi sanitari acquisiscano consapevolezza di quella che è una delle più grandi minacce del nostro secolo; gli sforzi economici, finanziari e politici prodotti dall’alleanza di tutte le componenti della società rappresenteranno l’ago della bilancia nella mitigazione dei potenziali e devastanti effetti del continuo riscaldamento globale.

Marco Del Riccio, Annamaria Schirripa, Eleonora Gori, Silvia Balli e Ilaria Biondi. Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina preventiva, Università di Firenze.

Bibliografia

  1. Nick Watts et Al. The 2018 report of the Lancet Countdown on health and climate change: shaping the health of nations for centuries to come. Lancet 2018; 392: 2479-2514.

Marco Del Riccio, Annamaria Schirripa, Eleonora Gori, Silvia Balli e Ilaria Biondi

25/2/2019 www.saluteinternazionale.info

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